LA STORIA DIMENTICATA DEL GENERE UMANO Parte I – Il mistero delle carte –

Piri-Reis-Exhibition-2Nel 1929, nel palazzo Tokapi di Istambul, fu rinvenuta una mappa fino ad allora sconosciuta. Sebbene fosse solo un frammento dell’originale (1/3 o la metà), la sue peculiarità non passarono inosservate. Tanto è vero che di lì a poco essa destò grande scalpore sia in ambito accademico sia fra i profani.

La mappa – disegnata su pelle di gazzella e realizzata nell’anno 1513 dal cartografo e ammiraglio della marina turca Piri Reis – mette in evidenzia la costa ovest dell’Africa, quella est del Sud America e quella nord dell’Antartico.

E fin qui tutto bene tranne per il fatto che sulla carta sono disegnate le Ande (all’epoca sconosciute), le Isole Falkland (scoperte solo nel 1592) e il percorso del Rio delle Amazzoni (con un grado di dettaglio che allontana la mera improvvisazione).

Il vero mistero della mappa, però, riguarda la regione Antartica: l’ammiraglio non poteva esser a conoscenza dell’esistenza dell’Antartico poiché detto continente fu scoperto solamente nel 1818 ovverosia tre secoli dopo che la carta fu disegnata.

Addirittura, ci si chiede come sia possibile che la carta mostri parte della linea costiera di quel continente in condizioni di disgelo.

Storia e scienza, infatti, ci hanno sempre raccontato una storia diversa e cioè che il periodo di tempo senza ghiaccio terminò nel 4000 a.C. (ben 6000 anni or sono).

Di certo qualcosa non torna considerato che l’uomo moderno non conosce alcuna civiltà che, in epoca così remota, fosse in grado (da qualsiasi punto di vista lo si guardi) di rilevare la terra della Regina Maud libera dai ghiacci.

Diversi personaggi furono “attratti” dalle ambiguità della carta di Piri Reis.

Il capitano del reparto cartografico statunitense L.W. Burroughs, ad esempio, non ebbe dubbi nell’affermare come la carta riportasse in maniera straordinariamente precisa i contorni dell’Antartico e che tutto lasciasse presumere come essa fosse stata compilata in un periodo anteriore alla formazione dei ghiacci.

Tra un’ipotesi e l’altra, nel 1963 il compianto storico statunitense Charles Hutchins Hapgood avanzò una soluzione innovativa ovverosia che talune delle carte sorgente risalissero al 4000 a.C. e che, pertanto, fosse comprovata l’esistenza di una civiltà capace di cartografare il pianeta dall’alto e navigare su lunghe rotte. Detta civiltà – tutt’ora sconosciuta – sarebbe stata, poi, spazzata via da un cataclisma planetario che ne avrebbe fatto perdere le tracce.

Hapgood, infatti, dopo Joseph Ademar, Brasseur de Bourbourg e Hugh Brown, è il più importante dei sostenitori della “teoria del dislocamento della crosta terrestre”.

Secondo questa teoria, i poli fisici (e non necessariamente quelli magnetici) del nostro pianeta si sono spostati e potrebbero spostarsi ancora. Un oggetto celeste insolito che passi vicino alla Terra, l’impatto di una cometa o il sovraccarico di ghiaccio ai poli, infatti, destabilizzerebbe l’equilibrio rotazionale provocando lo scivolamento della crosta più esterna del pianeta intorno al suo nucleo e causando cataclismi su scala planetaria (terremoti, tsunami, eruzioni etc.).

Studi recenti hanno dimostrato la fondatezza di questa teoria: di come la Terra abbia avuto davvero un suo riequilibrio 800 milioni di anni fa, di come il Polo Nord si sia spostato di più di 50° (la distanza tra Alaska ed equatore) in meno di 20milioni di anni e di come determinati mutamenti nei livelli del mare e nella chimica dell’oceano nei sedimenti norvegesi possano esser solo spiegati da un reale allontanamento del polo.

Lo stesso Albert Einstein rimase favorevolmente impressionato dal lavoro di Hapgood tanto è vero che oltre a firmare la presentazione di un suo libro (The Earth’s Shifting Crust) si espresse così: «Ricevo spesso comunicazioni […] che […] sono ben di rado dotate di validità scientifica. Pure, la primissima comunicazione che mi pervenne da Charles H. Hapgood ebbe il potere di elettrizzarmi. La sua è un’idea originale, di grande semplicità e (ammesso che continui a essere suffragata da prove) estremamente importante per tutto ciò che si ricollega alla storia della superficie terrestre».

Sino ad ora ci siamo occupati della mappa di Piri Reis e dell’ipotesi che in un lontano passato possa esser esistita una civiltà così progredita da poter osservare il Pianeta Terra dall’alto, cartografarlo e tramandare ai posteri le sue conoscenze.

Una civiltà che pare non aver lasciato traccia, scomparsa a causa di una catastrofe (come afferma Hapgood e non solo lui) o, addirittura, mai esistita.

Eppure qualcosa deve esserci stato! La mappa di Piri Reis, infatti, non è l’unica testimonianza di queste incongruenze.

Di indiscussa rilevanza storica, ad esempio, è anche il “Mappamondo di Oronzio Fineo”. Datato 1531, esso presenta delle stupefacenti rassomiglianze con le carte dei tempi moderni e, soprattutto, sembra documentare la conoscenza di un Antartico privo di ghiacci.

Sulla questione intervenne persino l’MIT che confermò non solo che il mappamondo fu redatto sulla base di carte anteriori ma che “indubbiamente” mostrava le condizioni non glaciali di regioni costiere dell’Antartico nonché una serie di catene montuose che solo oggi siamo stati in grado di rilevare sotto la coltre di ghiaccio.

La stessa “carta del Nord” di Tolomeo – tornata alla luce nel 15° sec – riporta dei ghiacciai residui della Svezia meridionale (che vi furono attorno al 10.000 a.C.) rendendo arduo immaginare chi o cosa abbia potuto rilevare detti ghiacciai in un’epoca così remota.

Perfino il più famoso cartografo del 16° secolo, Gerard Kremer, in diverse carte del 1569, raffigurò l’Antartico senza poterne conoscere l’esistenza.

Dell’allora sconosciuto continente identificò varie zone (tra le altre: Capo Dart e Capo Herlacher nella Terra di Marie Byrd, il Mare di Amundsen, l’Isola Thurston nella Terra di Ellsworth, le Isole Fletcher nel Mare di Bellinghausen etc.) assecondando l’ipotesi che il suo lavoro traesse spunto da altre e più antiche carte sorgente.

Come dimenticare, poi, il famoso geologo P. Buach la cui mappa non solo ritrae l’Antartico tempo prima della sua scoperta ma pare esser basata su documenti realizzati migliaia di anni prima di quelli di Kremer e O.Fineo.

La carta di Buache, infatti, fornisce la topografia sub-glaciale dell’intero continente australe del quale solo nel 1958 se ne ebbe conoscenza attraverso il metodo sismico a riflessione.

Buache rappresentò addirittura un canale navigabile che collegava i mari di Ross, Weddell e di Bellinghausen e la cui esistenza fu provata nel 1958.

Anche la mappa di Hadji Ahmed, seppur con vari errori di proiezione, ci mostra l’Antartide e addirittura un ponte di terra di 1600km che unisce Alaska e Siberia. Come affermano i geologi, questo “ponte” esisteva davvero dove ora c’è lo Stretto di Bering per poi esser sommerso dalle acque al termine dell’ultima glaciazione.

Ulteriori incoerenze con la storia conosciuta emergono dall’analisi del Mare di Ross ovverosia una profonda baia situata in Antartide.

Dove oggi il ghiacciaio Scott e il Beardmore (uno dei ghiacciai più grandi del mondo con la sua larghezza di 160km) si svuotano nel mare, il mappamondo di O.Fineo mostra insenature e fiumi (con relativi sbocchi) come a indicare che all’epoca quella regione fosse caratterizzata da un clima mite e non di certo glaciale.

La scoperta di numerosi strati di sedimenti a grana fine come quelli che i fiumi depositano normalmente nei mari e la successiva analisi attraverso il metodo-ionio confermarono al di là d’ogni dubbio che davvero nel 4000 a.C. nella regione antartica vi erano corsi d’acqua che trasportavano sedimenti a grana fine assortiti.

Quelle citate sono solo alcune delle mappe che sono venute alla luce nel corso del tempo…mappe misteriose che pongono gli studiosi davanti a due ipotesi del tutto contraddittorie.

Senza giungere ad alcuna conclusione, mi domando: siamo così sicuri che la storia che conosciamo (e che spesso ostentiamo davanti a possibili novità) è quella reale?

Fonti:

Lo scorrimento della crosta terrestre – Einaudi, Torino 1965.

Maps of the Ancient Sea Kings, ed 1966

Impronte degli Dei – Hancock

Wikipedia e ricerche online sui personaggi

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